Orbi, orbite e Orban

Non sono d’accordo sulle molte critiche al viaggio conoscitivo del Premier ungherese in varie parti del mondo. Mi sembrano più il frutto di malevoli intenzioni (minimizzare la presidenza di Orban nell’Unione europea) che una ragionevole reazione di sorpresa. La sorpresa c’è stata, perché non s’era mai visto un Presidente dell’Unione, dopo la sua nomina, andare in giro per conoscere i suoi partner. Secondo me, era il minimo che potesse fare. Visite di cortesia. Non ha bisogno di nessun mandato per fare il Presidente. È il Presidente, e questo basta.
È andato prima di tutto da Zelenski, poi da Putin, per affrontare un tentativo di pacificazione nella tragedia ucraina, poi da Xi Jin Ping, in Cina, il grande sponsor di Putin e, infine, si è recato in America, prima da Biden, Presidente uscente, poi da Trump, forse futuro Presidente USA.
Cosa poi abbia detto lo supponiamo, ma nessuno può impedire ad Orban di dire quello che pensa. Dov’è lo scandalo?
Solo con la missione planetaria di Orban si scopre che nell’Unione ci sono due anime diverse? Quanta ipocrisia! Ha fatto un tentativo di pace, il primo autorevole, nel deserto della politica estera comunitaria e nell’ambiguità delle decisioni che l’Unione ha via via adottato in questi anni contro la Russia. Probabilmente questo viaggio non porterà a nulla ma, secondo me, andava fatto. Intanto, fioccano i preparativi di guerra.
Dotare l’Ucraina di aerei da combattimento sofisticati era necessario, con i continui bombardamenti a tappeto russi sulle città ucraine. Perché l’Ucraina non dovrebbe difendersi? Perché i Russi possono devastare l’intero territorio ucraino e gli Ucraini non possono bombardare le loro basi in Russia? Quando mai s’è visto un combattimento dove uno dei due ha le mani legate?
Le continue minacce di Putin, da ormai più di due anni, meritano una risposta. Sin dall’inizio dell’”operazione speciale” ha messo in allarme i suoi reparti nucleari, tanto per far capire che con lui non si scherza, ma l’orso russo si è rotto le unghie là dove presupponeva una facile vittoria, contando sulla imbelle acquiescenza dell’Occidente.
Ora, nel 75° anniversario della NATO, celebrato a Washington alla presenza anche di Orban, la NATO sembra cominciare a rispondere. Il processo di adesione dell’Ucraina alla Nato è stato dichiarato “irreversibile” ma sono solo chiacchiere per colpire l’immaginazione. Cosa c’è d’irreversibile nella politica e nella vita? Nulla.
Più concreti sono i 40 miliardi di dollari promessi in forniture di armi, gli aviogetti da caccia e da bombardamento europei che sbarcano in Ucraina e i missili a lunga gittata che si stanno installando in Germania. La sciocca distinzione tra armi di offesa e armi di difesa, inventata dai sofisti della pace ad ogni costo, non regge più. Ma, anche qui, basta un cambio di governo in America per bloccare tutto.
Non è la guerra ma, se non altro, è un ammonimento molto serio alla Russia, e neppure tanto indirettamente, alla Cina. La NATO sembra risvegliarsi da un lungo coma. Durerà?
La guerra di Spagna è per molti un lontano e confuso ricordo, ma l’aviazione tedesca ed italiana intervennero nel conflitto, gli Italiani inviarono un Corpo di spedizione di “volontari” e truppe di varia nazionalità si affrontarono in terra di Spagna. Non scoppiò una guerra mondiale. Ci pensò Hitler, un anno dopo, sicuro della solita acquiescenza occidentale, ed è finita come è finita.
La storia non insegna nulla, è vero, ma è bene ricordare certi precedenti. Nell’attuale contesto mondiale l’Ungheria è un piccolo Paese dalla grande storia il cui Presidente si agita, a ragione, per evitare disastri che travolgerebbero tutti.
Non si può continuare ad essere cechi ed orbi dinanzi all’espansionismo russo. L’ambiguità europea è la causa prima della situazione attuale. Prendiamone atto.
Troppi interessi hanno condizionato questa guerra: le elezioni americane, quelle europee, il successo delle destre in Europa, i tentennamenti della presidenza americana, l’efficacia (?) delle sanzioni, l’inerzia della NATO (esiste o non esiste?), la posizione della Francia (che secondo Macron dovrebbe essere interventista) e della Germania (molto più cauta), le forniture di gas e di petrolio, i giri di valzer della Turchia di Erdogan
Putin, sino ad ora, ha trovato facili occasioni per espandersi e minacciare la sovversione dell’ordine internazionale. Sono suoi ostaggi le vecchie estensioni dell’URSS, i Paesi baltici, la Polonia, la Moldavia, forse la Bulgaria e certamente la Serbia. Propugna un nuovo ordine internazionale a guida moscovita e sulla pelle dei suoi cittadini. È un suo diritto, ma da parte nostra occorre chiedersi, una volta per tutte, se questo ci sta bene. Ci sta bene?
I nuovi assetti mondiali non possono essere decisi in base al voto dell’elettorato di oggi o di domani. Si tratta di questioni sostanziali che allungano i loro effetti nel futuro di tutti. La ristrutturazione del commercio mondiale, l’espansione economica incontrollata della Cina, la disponibilità delle terre rare e le incertezze climatiche, l’avvento dell’intelligenza artificiale e il disordine endemico africano, l’incubo della fame e della sete e l’immigrazione di milioni di disperati, sono tutti eventi, occasioni, prospettive di medio-lungo periodo di cui non possiamo sbarazzarci con un’alzata di spalle.
Non dipendono dall’elettore di Amburgo o di Gela e neppure dal mugiko russo o dall’agricoltore dell’Arkansas. La volontà dei popoli è solo un mito.
Se i cosiddetti “Grandi” della terra non affrontano queste questioni fondamentali, il mondo continuerà a andare allo sbando, fuori orbita, a danno di tutti.
di Stelio W. Venceslai